Vista l'attualità dei temi trattati (vedi post del 3 dicembre), abbiamo rispolverato una recensione risalente al 2001...
L’ODORE DEI SOLDI
di Marco Travaglio e Elio Veltri,
Ed. Riuniti, 2001, £ 24.000.
Le tesi centrali del libro – ricordiamo gli autori: Travaglio, scriveva sul Giornale, poi alla Voce, poi alla Repubblica, è un noto giustizialista. Veltri, ex sindaco socialista di Pavia, campione del forcaiolismo d’antan, è sempre stato un anticraxiano convinto e le cronache narrano che avrebbe blandito il pm Di Pietro sollecitandolo ad indagare sulla corruzione – è che 1) la fortuna del Cav. originererebbe da movimentazioni di circa 50 miliardi iniettate in una serie di società sostanzialmente non operative e non riconducibili allo stesso Cav, di cui non si hanno tracce; 2) che tramite Dell’Utri egli avrebbe beneficiato della detta somma, riciclandola per la mafia; 3) che egli avrebbe avuto accesso al credito bancario nonostante una non felice situazione patrimoniale del Gruppo; 4) che le liberalità versate a Dell’Utri sono riconducibili al suo ruolo di trade union con Cosa Nostra; 5) che Forza Italia nasce alle prime luci di Mani pulite e che le stragi mafiose di Capaci e di Via d’Amelio e quelle del ’93, sono frutto di accordi con Cosa Nostra, per far precipitare il paese nel caos. 5) che la Legge Tremonti del ’94 è un plateale esempio di conflitto di interessi, avendo Mediaset beneficiatone per 243 miliardi.
1) sul punto vengono pubblicati stralci di indagini compiute da un funzionario della Procura di Palermo, che a distanza di circa 20/25 anni non trova traccia delle movimentazioni finanziarie essendo quelle avvenute per contanti. Ora, è evidente che il Cav. aveva eccellenti fiscalisti/commercialisti; è evidente che per ragioni fiscali egli non figurasse; che il polmone finanziario, sebbene sottaciuto dagli autori, erano le già floride attività imprenditoriali del Cav. Chi ha un minimo di esperienza in queste faccende comprende benissimo il sistema utilizzato e che viene utilizzato da imprenditori molto più modesti.
2) Sul punto vengono riportate dichiarazioni di collaboratori di giustizia che, a scorno della verità processuale, sono stati dichiarati da vari Tribunali e Corti di Assise “inaffidabili e inattendibili”. D’altro canto le Procure di Palermo e Caltanisetta hanno chiesto l’archiviazione e quindi il materiale ha scarsissimo valore probatorio. Non c’è pertanto nessuna prova che Cosa Nostra abbia dato 50 miliardi al Cav. Sul punto viene riportata un'intervista a Paolo Borsellino, il quale è assolutamente prudente su Cav e Dell’Utri e si limita a dire che certamente lo stalliere di Arcore Mangano era un affiliato di Cosa Nostra. Epperò appare che quando il Mangano lavorava ad Arcore per il Cav non si sapesse che era pregiudicato e in ogni caso, a rigor logico, se Mangano era l’uomo della mafia, perché andare a lavorare con così stretta vicinanza del Cav e destare facili sospetti? O i mafiosi, i principi della discrezione, erano diventati d’un tratto coglioni? C’è in corso il processo a Dell’Utri: staremo a vedere.
3) Secondo alcune relazioni di ufficiali dell’Arma, il Gruppo del Cav non avrebbe potuto accedere al credito bancario in quanto non presentava redditività in tal senso e che lo stesso, partecipando con una società in cui c’erano suoi consulenti, controllata dalla BNL, risultava in già conflitto d’interessi. Ora, non si comprende come mai il Cav se prendeva 50 miliardi dalla mafia avrebbe dovuto chiedere soldi alle Banche pagando fior fior d’interessi. Secondo, in ogni caso gli affidamenti erano monitorati dalla Direzione centrale della BNL che dava i suoi nulla osta sulla scorta di elementi di fatto. A guardare oggi il pool di banche ha fatto un ottimo affare e non si comprende lo scandalo.
4) Sul punto: 40 e più pagine sono dedicate alle dichiarazioni rese da Dell’Utri a Torino ai giudici che lo giudicano per falsa fatturazione in Publitalia e così alla testimonianza del Cav. Ma, a parte il fatto delle false fatturazioni, opera dei collaboratori del Dell’Utri che tuttavia ne ha risposto in qualità di Amministratore, tutto ruota sul fatto che il Cav avesse donato quattrini a Dell’Utri, per giunta con atto pubblico innanzi al Notaio. Il Cav motiva queste donazioni, peraltro eseguite anche in favore di altri sempre nelle forme civilistiche e legali, perché voleva gratificare i suoi manager. Non si comprende, dopo aver letto le dichiarazioni e le domande zelanti del PM, dove gli autori del libro volessero parare. Non risulta infatti che le donazioni e le circostanze di fatto ravvisassero estremi delittuosi, tanto è vero che nulla è stato addebitato a Dell’Utri e al Cav. L’unico neo è che all’epoca la legge vietava passaggi per contanti di somme superiori a 20 ml, ma questo valeva per i versamenti bancari. Sono state propinate pagine su pagine solo per adombrare nel lettore chissà quali dubbi, insinuando chissà quali sospetti. E cioè che le donazioni erano soldi a titolo di tangente, dimenticando che Publitalia fatturava qualcosa come 4 mila miliardi ed era il polmone finanziario del Gruppo Fininvest.
5) sul punto: che FI sia nata con il sostegno di Craxi lo sanno tutti e ognuno può giudicare politicamente la questione. Ipotizzare che addirittura FI abbia ispirato la strategia mafiosa 92/93, vuol dire non conoscere bene la storia del nostro paese. Le leggi più dure contro la mafia sono frutto del governo pentapartitico; le sentenze più dure contro i mafiosi sono state generate in quegli anni; dopo la strage di Falcone e Borsellino, il Governo Amato ha inasprito le leggi contro Cosa Nostra. Falcone lavorava con Martelli nel Ministero di Via Arenula; le stragi del ’93 favorirono obiettivamente la sinistra. Fu l’insipienza del centro sinistra che fece vincere le elezioni del ’94 al Cav. Fu in quel clima che nacquero i processi ad Andreotti e ad altri, finiti come dovevano finire sul profilo processuale, ma politicamente assolutamente efficaci per sbaragliare un’intera classe politica (a parte e in concerto di Mani pulite).
6) Sul punto: benefici della Legge Tremonti Mediaset: £ 243 miliardi. Fatturato Mediaset: circa 30 mila miliardi, quindi meno dell’1%. Conflitto d’interessi ovvero legge ad hoc per il Cav? Quando la Confindustria da tempo sollecitava quella normativa? Quando gli stessi Sindacati erano d’accordo? Quando la legge ha dato benefici a tutti e in misura molto maggiore ad altri Gruppi (Fiat, Pirelli, Olivetti etc.)? Via, siamo seri!
In conclusione è un libro davvero deludente. Speravo di trovare notizie nuove, ragionamenti filati e serrati; congetture meno rozze; un linguaggio politico maturo; stralci di materiale processuale curiosi, intriganti; un libro ad uso elettoralistico tout court, con lo zampino di Tonino Di Pietro.
Ma gli amici di Tonino non si mettono scuorno: chiedono al Cav, quale impegno morale irrinunciabile per chi aspira a governare, a chiarire le sue origini, i suoi soldi, i suoi prestiti.
Dovrebbero domandarlo al loro sodale Di Pietro: le sue origini, i suoi soldi, i suoi prestiti e passaggi nelle scatole di scarpe di 100 ml. in contanti, in spregio alla legge antiriciclaggio, tanto richiamata per Dell’Utri: che non era un Magistrato della Repubblica Italiana e usava collaboratori, segretarie e fiduciari per i suoi versamenti in banca.